Valeva la pena recarsi a Parigi per il Summit del 22-23 giugno?

Una breve valutazione del vertice per un nuovo patto finanziario globale (22-23 giugno, Parigi)

Ancora una volta il presidente francese Emmanuel Macron è riuscito, contro ogni aspettativa, a schierare un numero notevole di personalità, con un’ampia partecipazione di capi di Stato, organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile, al vertice per un nuovo patto di finanziamento globale organizzato il 22-23 giugno a Parigi.

Questo vertice fa parte degli sforzi iniziati nel 2021 al Forum di Pace di Parigi per costruire un nuovo consenso internazionale (noto come Consenso di Parigi) tra il Nord e il Sud, per sostituire il Consenso di Washington e riformare le istituzioni di Bretton Woods create nel 1945 da un piccolo numero di paesi in un’epoca in cui la lotta al cambiamento climatico non esisteva.

Nel corso di due giorni, circa cinquanta panel di alto livello hanno affrontato un’ampia gamma di sfide allo sviluppo che i paesi del Sud globale devono affrontare, dalla sicurezza alimentare alla transizione energetica e allo sviluppo di infrastrutture digitali. Anche molte coalizioni, come Finance in Common (FiCS) che riunisce 550 banche pubbliche di sviluppo, GFANZ, OPSWF o NGFS, hanno organizzato incontri durante il Summit.

Sebbene al termine del vertice non sia stata adottata alcuna dichiarazione (o patto) formale, sono stati ribaditi numerosi impegni per risolvere il dilemma tra sviluppo e transizione ecologica, come i 100 miliardi di dollari della COP21, i 100 miliardi di dollari in DSP del Summit sul finanziamento delle economie africane organizzato a Parigi nel 2021, o la ristrutturazione del debito dello Zambia dopo il Sud Soudan nel 2021.


Resta il fatto che, al di là dell’ampia partecipazione, i paesi del Sud globale sembrano essersi stancati di partecipare a questi numerosi vertici, che ai loro occhi sembrano aver dato risultati insufficienti:

o Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa pesantemente ha messo in dubbio i risultati concreti di queste ripetute conferenze durante la cerimonia di chiusura;

o Il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sissi ha sottolineato l’incapacità dei paesi sviluppati di impegnare 100 miliardi di dollari all’anno per la transizione energetica nel Sud del mondo (un impegno evocato anche dal primo ministro cinese);

o Il presidente ghanese Nana Akufo-Addo ha denunciato che i 100 miliardi di dollari in DSP promessi a Parigi nel 2021 non sono stati sbloccati (cosa che il presidente Macron ha poi smentito, insistendo sul fatto che lo sono stati).

Abbiamo sentito un appello molto forte da parte del Presidente brasiliano Lula Da Silva per ridurre le disuguaglianze globali e un attacco a tutto campo al dominio del dollaro, a pochi passi dal Segretario del Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, che ha fissato la data del vertice dei BRICS alla fine di agosto, chiedendo al contempo che venga ampliato per includere altri capi di stato del Sud.

Colpisce anche la divergenza sulla Russia, che è stata ampiamente condannata dai paesi del Nord (in particolare dal cancelliere Olaf Scholz), senza un particolare seguito da parte dei paesi del Sud, rendendo Vladimir Putin, che parteciperà al vertice BRICS di agosto, una sorta di ospite fantasma al summit.

Infine, c’è stata anche una divergenza di approccio: molto politico e impegnato per i paesi del Sud (Lula, Ramaphosa, Al Sissi), molto tecnico e un po’ freddo per i paesi del Nord (Macron, Scholz, Yellen, Georgieva ecc.).


In definitiva, questo vertice si basa naturalmente su un’intenzione lodevole – quella di ridurre le disuguaglianze tra il Nord e il Sud del mondo senza sacrificare l’agenda sul clima – e il risultato è formalmente impressionante dato il livello di partecipazione e il numero di capi di stato coinvolti e la qualità dei 40 eventi collaterali organizzati su tutti gli aspetti dell’agenda sullo sviluppo, con numerosi rappresentanti della società civile.

Allo stesso tempo, si sentono sempre più voci che mettono in dubbio la reale utilità di questo tipo di incontri, che paradossalmente segnano un aumento del divario tra Nord e Sud piuttosto che un riavvicinamento, e molti denunciano l’assenza di risultati reali o di impegni non mantenuti. Particolarmente sorprendente a questo proposito è l’impegno pubblico per un’agenda anti-occidentale e persino anti-americana al vertice dei BRICS che si terrà in Sudafrica il prossimo agosto.

Oltre al prossimo Forum della Pace di Parigi (11-12 novembre) e al G7 italiano del 2024, i prossimi importanti eventi che seguiranno questo vertice si terranno in paesi del Sud globale: il G20 di Nuova Delhi (9-10 settembre), gli incontri annuali della BM e del FMI a Marrakesh (9-15 ottobre), la COP28 di Dubai (30 novembre), il G20 brasiliano del 2024. Questi incontri offriranno sicuramente delle opportunità per conciliare questi approcci. Ma saranno i paesi del Sud, sempre più assertivi, a stabilire l’agenda.