Cosa rivela la composizione della Commissione UVDL 2?

La composizione della nuova Commissione europea, presentata il 17 settembre da Ursula von der Leyen, evidenzia tre dinamiche chiave:

In primo luogo, l’affermazione inequivocabile della leadership della von der Leyen, che ha assunto una sicurezza senza precedenti nell’affermare le proprie scelte;

In secondo luogo, l’influenza francese sta diminuendo, mentre le forze politiche di destra, come confermato dalle recenti elezioni del Parlamento europeo, stanno guadagnando terreno, con figure di spicco in posizioni chiave all’interno del nuovo collegio.

Infine, l’equilibrio di potere tra gli Stati membri dell’UE si è spostato, con l’Europa centrale che è diventata più potente in seguito alla guerra in Ucraina.

Una Commissione caratterizzata da un nuovo equilibrio politico a favore della Presidente Von der Leyen, che entra nel suo secondo e ultimo mandato con un margine di manovra senza precedenti.

La Von der Leyen è stata innegabilmente rafforzata da questa nuova composizione: 14 dei 27 Commissari provengono dal suo partito, il Partito Popolare Europeo (PPE). L’assegnazione dei portafogli ha confermato che è proprio lei a tenere le carte in tavola nella politica europea. Tra i membri della sua prima squadra non ci sono più avversari. Figure di spicco come il francese Thierry Breton e l’olandese Frans Timmermans hanno lasciato la Commissione.

La nuova squadra di commissari incarna non solo l’ascesa del PPE, ma anche il declino di Renew, indebolito dalla retrocessione dal terzo al quinto gruppo del Parlamento europeo. La Francia, perdendo Thierry Breton – un commissario con un solido curriculum europeo nonostante le tensioni – sperava di ottenere in cambio un posto chiave per uno dei suoi rappresentanti. Invece, tutto ciò che Parigi ha ottenuto è stato un posto annacquato di vicepresidente esecutivo per il docile Stéphane Séjourné. Sebbene la strategia industriale non sia il suo campo preferito, questo portafoglio riflette l’ambizione del Presidente francese per la sovranità europea.

Se sarà confermato dal Parlamento europeo, S. Séjourné non solo dovrà adattarsi al complesso funzionamento della macchina europea e ai suoi giochi di potere, che ha certamente praticato come europarlamentare, ma dovrà anche affrontare la preoccupante perdita di competitività rivelata dal rapporto Draghi. Questo compito si preannuncia tanto più difficile in quanto dovrà confrontarsi con pesi massimi molto più esperti: Valdis Dombrovskis per l’economia, Maros Sefcovic per il commercio e Teresa Ribera, influente figura antinucleare, responsabile della transizione ecologica. Anche se riuscisse a superare questi ostacoli, non è detto che riesca a liberarsi dell’etichetta di mero esecutore del presidente Macron.

Lo spostamento a destra ha favorito l’Italia, che ha imposto il suo candidato, un membro del gruppo ECR, che si era opposto alla riconferma di Von der Leyen.

Al contrario, l’Italia ha ottenuto la leadership che sperava: Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, è stato nominato Vicepresidente esecutivo con delega alla coesione e alle riforme. Egli supervisionerà portafogli chiave, tra cui la politica di coesione, lo sviluppo regionale e le città, con il compito di “modernizzare e rafforzare le politiche di investimento a favore della coesione e della crescita”, come ha sottolineato la Presidente della Commissione. Ha inoltre sottolineato che questo portafoglio riflette “l’importanza dell’Italia”.

Per giustificare la sua scelta, la von der Leyen ha spiegato di aver tenuto conto della composizione del Parlamento europeo, che ha 14 vicepresidenti, di cui solo due provengono dal gruppo ECR, a cui Fratelli d’Italia appartiene. Ha quindi scelto Fitto, esponente di spicco di Fratelli d’Italia, nel tentativo di riequilibrare la rappresentanza degli Stati membri e dei gruppi politici. La nomina è stata accolta con entusiasmo da Giorgia Meloni, che la considera un forte segno di riconoscimento per il suo Paese.

Infine, il rimpasto favorisce gli Stati dell’Europa centrale e del Baltico, che sono in prima linea nella guerra in Ucraina, che sta dominando la nuova agenda strategica europea.

La Polonia, guidata dall’ex Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, si è aggiudicata il posto strategico di Commissario al Bilancio. Da parte loro, gli Stati baltici stanno rafforzando la loro influenza sulla politica estera: l’estone Kaja Kallas succede allo spagnolo Josep Borrell, mentre il lituano Andrius Kubilius assume il nuovo portafoglio della difesa.

Questo nuovo capitolo promette di essere decisivo per il futuro dell’Unione europea, ma tutt’altro che rivoluzionario per quanto riguarda la parità: la nuova squadra di commissari comprende il 40% di donne, una cifra non trascurabile, ma che non raggiunge l’obiettivo della parità. Altri temi, come l’ecologia, non sono stati considerati prioritari. Gli ecologisti, che non hanno ottenuto un solo commissario nella nuova squadra formata dal Presidente, denunciano quindi la “cancellazione del Green Deal”.

Ogni commissario deve ora essere approvato dal Parlamento: le audizioni avranno luogo tra qualche settimana. Il conservatore tedesco McAllister ricorda che un candidato ha bisogno dell’appoggio dei due terzi degli eurodeputati per passare al primo turno. In caso di secondo turno, è sufficiente il 50% dopo ulteriori valutazioni. Se un candidato viene respinto, è necessario proporne uno nuovo, come è successo cinque anni fa alla francese Sylvie Goulard.

La Commissione inizierà i suoi lavori il 1° dicembre e dovrà navigare nelle acque agitate di un contesto geopolitico teso, con la guerra in Ucraina, le elezioni statunitensi e la concorrenza economica della Cina.

Marc Reverdin, Amministratore delegato, mr@reverdin.eu

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