COP 29: copertura mediatica e prospettive occidentali

La COP29 si svolgerà quest’anno dall’11 al 22 novembre a Baku, capitale dell’Azerbaigian. Sebbene la copertura mediatica della COP29 rimanga per il momento limitata, due sono gli aspetti principali che emergono sulla stampa francese e internazionale.
In primo luogo, l’inquietudine per il Paese scelto per ospitare l’evento: l’Azerbaigian, uno dei principali produttori al mondo di gas, criticato dall’Occidente per la sua natura autoritaria. Questa inquietudine si unisce ad un generale senso di pessimismo sull’esito dell’evento di quest’anno, a causa dei conflitti in Ucraina, Gaza e Libano, nonché dell’influenza delle lobby dei combustibili fossili sulle discussioni. In secondo luogo, c’è la questione dei finanziamenti che sarà al centro di questa COP e falsamente percepita come secondaria. I negoziatori sembrano lontani dal trovare una soluzione, poiché le iniziative proposte si basano su impegni non vincolanti, in un contesto in cui la lotta al cambiamento climatico ha perso importanza nell’ordine delle priorità internazionali.

 

1.  L’Azerbaigian come Paese ospite della COP sul clima: una scelta di default che mette in imbarazzo i negoziatori occidentali

a) La stampa occidentale, in particolare in Europa e negli Stati Uniti, sta evidenziando un persistente disagio per la scelta di Baku di ospitare la COP29. Dopo l’Egitto nel 2022 e Dubai l’anno scorso, l’Azerbaigian diventa il terzo Paese produttore di combustibili fossili ad ospitare la conferenza internazionale sul clima.
Quest’anno è toccato ad un Paese dell’Europa orientale o del Caucaso ospitare la COP. La scelta controversa di Baku è in gran parte dovuta a circostanze geopolitiche: il Paese che ospita la COP viene scelto sulla base del consenso e per l’evento di quest’anno, la Russia ha posto il veto su diverse proposte in quanto ritenute ostili alla sua “operazione speciale” in Ucraina. L’Azerbaigian è rimasto l’unico candidato ad ospitare l’evento. Tuttavia, questa circostanza rappresenta anche un’opportunità per l’Europa di rafforzare i suoi legami con una grande potenza del gas proprio nel momento in cui sta cercando di ridurre la sua dipendenza dal gas russo.

b) Mukhtar Babayev, ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali dell’Azerbaigian ed ex dirigente della compagnia petrolifera statale SOCAR, è stato nominato presidente della COP29. Il suo background non è diverso da quello del suo predecessore Sultan al Jaber, presidente della COP28 e amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi. Lo stesso Babayev riconosce che l’Azerbaigian “non è noto per le sue idee sulla transizione verde”, sottolineando che si tratta di una questione molto nuova per il Paese.
L’Azerbaigian deve ora affrontare la sfida di portare allo stesso tavolo paesi produttori di petrolio come l’Arabia Saudita, storici produttore di CO2 come gli Stati Uniti e nazioni vulnerabili come le Figi e Vanuatu per definire una traiettoria comune. Sebbene la COP28 di Dubai abbia segnato un passo avanti chiedendo per la prima volta l’abbandono dei combustibili fossili, la crescente presenza delle lobby di queste industrie continua a pesare sulle discussioni.

c/ La stampa occidentale non ha mancato di sottolineare che il regime di Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian, è considerato uno dei più repressivi al mondo. I media si interrogano sulla legittimità dell’organizzazione della COP29 in un simile contesto. Alcuni media sottolineano l’atteggiamento dell’Europa che, nella sua ricerca di nuove forniture di gas per sostituire quelle russe, sembra voltare le spalle ai valori dei diritti umani privilegiando i propri interessi energetici. Alcuni osservatori hanno criticato in particolare la Svizzera per la sua mancanza di coraggio in questo senso, anche in consierazioni del fatto che ospita la sede della SOCAR, la compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian. La delegazione svizzera alla COP29 ha già annunciato che si concentrerà esclusivamente sulle questioni climatiche, evitando così di discutere le critiche mosse al regime di Aliyev. Data questa compiacenza, la stampa ritiene che Ilham Aliyev possa affrontare la conferenza senza particolari preoccupazioni.

2.  La questione del finanziamento del clima e l’inerzia diplomatica in un contesto internazionale teso

a)/ Molti chiamano la COP29 “COP finanziaria”, considerandola un’importante opportunità per allineare i finanziamenti per il clima alle esigenze globali stimate. Le Monde riporta che alla Settimana del clima di New York, conclusasi domenica 29 settembre e all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, alcuni Paesi hanno mostrato segni di progresso, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Uno dei principali obiettivi della COP29 è la definizione di un nuovo obiettivo globale per il finanziamento del clima.

Questo obiettivo è destinato a sostituire quello fissato a Copenaghen nel 2009, che chiedeva ai Paesi ricchi di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo, obiettivo che sarà faticosamente raggiunto solo nel 2022. Tuttavia, nonostante l’enfasi posta sulla liberazione dei fondi, quasi tutti gli elementi fondamentali del Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato sono ancora contestati, sia in termini di base contributiva, che di entità dei finanziamenti coinvolti o degli articoli dell’Accordo di Parigi in questione. Mentre diverse opzioni contraddittorie sono sul tavolo per quanto riguarda l’importo, i donatori e i beneficiari, la situazione globale, segnata dai conflitti in Ucraina, Gaza e Libano, ha spinto la lotta al cambiamento climatico in secondo piano, secondo Anabella Rosemberg del Climate Action Network. Quindi, prima di Belém, la COP di Baku dovrà lavorare per trovare soluzioni creative a questi problemi di bilancio.

b) Un’altra questione concreta della COP29 è la preparazione del prossimo ciclo di Contributi determinati a livello nazionale (NDC), in vista della COP30, che rappresentano gli impegni di riduzione delle emissioni dei Paesi per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C. Le revisioni quinquennali di questi NDC, iniziate nel 2015 e rinnovate a Glasgow, entreranno nel loro terzo ciclo. Si tratta di una fase strategica, durante la quale ogni Paese dovrà aggiornare i propri piani e adeguare la propria strategia climatica complessiva.

Tuttavia, sembra emergere una dinamica perniciosa: diversi Paesi del cosiddetto Allegato 1 alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) stanno condizionando le loro ambizioni climatiche ai finanziamenti che i Paesi più avanzati metteranno sul tavolo, il che potrebbe rallentare gli impegni a Belem. La COP29 si concentrerà anche sul completamento dell’articolo 6 sui mercati del carbonio, una priorità per molti Paesi in via di sviluppo e per il G77, che attendono chiarimenti prima di aumentare le proprie ambizioni climatiche. Gli NDC dovranno essere presentati nel febbraio 2025. In Europa, le discussioni sugli NDC si stanno concentrando sul progetto della Commissione europea che propone una riduzione del 90% dei gas serra entro il 2040. Questa proposta non è in linea con il calendario degli NDC, fissato per il 2035, e solleva ancora la delicata questione della ripartizione degli oneri all’interno dell’Unione Europea, dove non è ancora stato raggiunto un consenso sugli obiettivi.

c) Per il momento, la Presidenza dell’Azerbaigian propone quattordici iniziative volontarie, due delle quali dedicate al finanziamento del clima. Questa serie di iniziative, ispirate alla presidenza della COP28 di Dubai, coprono una varietà di argomenti, come lo sviluppo dello stoccaggio dell’elettricità, la riduzione delle emissioni di metano dai rifiuti e la promozione dell’idrogeno. Tuttavia, queste proposte rimangono non vincolanti, consentendo ai Paesi di scegliere liberamente se impegnarsi o meno.

Le aspettative per la COP29 sono modeste quest’anno, con una capacità ridotta di 40.000 partecipanti che riflette un’organizzazione più ristretta. Rimane fondamentale per il successo della COP30 il Brasile che invierà una forte delegazione a sostegno della Presidenza azera, con l’obiettivo di raggiungere un accordo finanziario sufficiente a impedire che alcuni dei Paesi meno sviluppati riducano le loro ambizioni.
L’esito delle elezioni americane , previste per il 5 novembre, potrebbe essere al centro dei negoziati, soprattutto in caso di vittoria di Donald Trump che ha promesso di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Questa prospettiva ha spinto molte aziende ad anticipare i loro annunci sul clima in forum alternativi, come la Climate Week di New York o la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP16) che si terrà in Colombia dal 21 ottobre alnovembre, in previsione del grande evento di Belem del 2025.

Marc Reverdin, Managing Director, mr@reverdin.eu

Se desiderate discutere ulteriormente della situazione politica e comprenderne l’impatto sul clima economico, sul quadro macroeconomico e sulla politica regionale e internazionale, non esitate a contattarci.

Aiutiamo i nostri clienti a navigare fra politica e finanza, dal locale al globale.